Artaserse, Parigi, Hérissant, 1780

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Appartamenti reali.
 
 ARTASERSE e ARTABANO
 
 ARTASERSE
 Dal carcere, o custodi, (Nell’uscire verso la scena)
575qui si conduca Arbace. Ecco adempite
 le tue richieste. Ah voglia il ciel che giovi
 questo incontro a salvarlo!
 ARTABANO
                                                  Io non vorrei
 che credessi, o signor, la mia domanda
 pietà di padre o mal fondata speme
580di trovarlo innocente. È troppo chiara
 la colpa sua; deve morir. Non altro
 mi muove a rivederlo
 che la tua sicurezza. Ancor del fallo
 è ignota la cagione,
585sono i complici ignoti; ogni segreto
 tenterò di scoprir.
 ARTASERSE
                                    La tua fortezza
 quanto invidio, Artabano! Io mi sgomento
 d'un amico al periglio;
 tu non ti perdi e si condanna il figlio.
 ARTABANO
590La fermezza del volto
 quanto costa al mio core! Intesi anch'io
 le voci di natura. Anch'io provai
 le comuni di padre
 deboli tenerezze;
595ma fra le mie dubbiezze
 il dover trionfò. Non è mio figlio
 chi mi porta il rossor di sì gran fallo;
 prima ch'io fossi padre, ero vassallo.
 ARTASERSE
 La tua virtude istessa
600mi parla per Arbace. Io più ti deggio
 quanto meno il difendi. Ah! Renderei
 troppo ingrata mercede a' merti tui,
 se senza affanno io ti punissi in lui.
 Deh cerchiamo, Artabano,
605una via di salvarlo, una ragione
 ch'io possa dubitar del suo delitto.
 Unisci, io te ne priego,
 le tue cure alle mie.
 ARTABANO
                                       Che far poss'io,
 s'ogni evento l'accusa e intanto Arbace
610si vede reo, non si difende e tace?
 ARTASERSE
 Ma innocente si chiama. I labbri suoi
 non son usi a mentir. Come in un punto
 cangiò natura! Ah l'infelice ha forse
 qualche ragion del suo silenzio! A lui
615parli Artabano; ei svelerà col padre
 quanto al giudice tace. Io m'allontano;
 in libertà seco ragiona; osserva,
 esamina il suo cor. Trova, se puoi,
 un'ombra di difesa. Accorda insieme
620la salvezza del figlio,
 la pace del tuo re, l'onor del trono.
 Ingannami, se puoi, ch'io ti perdono.
 
    Rendimi il caro amico,
 parte dell'alma mia;
625fa' che innocente sia
 come l'amai finor.
 
    Compagni dalla cuna
 tu ci vedesti e sai
 che in ogni mia fortuna
630seco finor provai
 ogni piacer diviso,
 diviso ogni dolor. (Parte)
 
 SCENA II
 
 ARTABANO, poi ARBACE con alcune guardie
 
 ARTABANO
 Son quasi in porto. Arbace,
 avvicinati. E voi (Alle guardie)
635nelle prossime stanze
 pronti attendete ogni mio cenno. (Partono)
 ARBACE
                                                               (Il padre
 solo con me!)
 ARTABANO
                            Pur mi riesce, o figlio,
 di salvar la tua vita. Io chiesi ad arte
 all'incauto Artaserse
640la libertà di favellarti. Andiamo;
 per una via che ignota
 sempre gli fu, scorgendo i passi tui,
 deluder posso i suoi custodi e lui.
 ARBACE
 Mi proponi una fuga
645che saria prova al mio delitto?
 ARTABANO
                                                         Eh vieni
 folle che sei. La libertà ti rendo;
 t'involo al regio sdegno;
 agli applausi ti guido e forse al regno.
 ARBACE
 Che dici? Al regno!
 ARTABANO
                                      È da gran tempo, il sai,
650a tutti in odio il regio sangue. Andiamo;
 alle commosse squadre
 basta mostrarti. Ho già la fede in pegno
 de' primi duci.
 ARBACE
                               Io divenir ribelle?
 Solo in pensarlo inorridisco. Ah padre,
655lasciami l'innocenza!
 ARTABANO
                                         È già perduta
 nella credenza altrui. Sei prigioniero
 e comparisci reo.
 ARBACE
                                  Ma non è vero.
 ARTABANO
 Questo non giova. È l'innocenza, Arbace,
 un pregio che consiste
660nel credulo consenso
 di chi l'ammira; e se le togli questo,
 in nulla si risolve. Il giusto è solo
 chi sa fingerlo meglio e chi nasconde
 con più destro artifizio i sensi sui
665nel teatro del mondo agli occhi altrui.
 ARBACE
 T'inganni. Un'alma grande
 è teatro a sé stessa. Ella in segreto
 s'approva e si condanna
 e placida e sicura
670del volgo spettator l'aura non cura.
 ARTABANO
 Sia ver, ma l'innocenza
 si dovrà preferir forse alla vita?
 ARBACE
 E questa vita, o padre,
 che mai la credi?
 ARTABANO
                                  Il maggior dono, o figlio,
675che far possan gli dei.
 ARBACE
                                          La vita è un bene
 che usandone si scema. Ogni momento,
 ch'altri ne gode, è un passo
 che al termine avvicina e dalle fasce
 si comincia a morir, quando si nasce.
 ARTABANO
680E dovrò per salvarti
 contender teco? Altra ragion per ora
 non ricercar che il cenno mio. T'affretta.
 ARBACE
 No, perdona; sia questo
 il tuo cenno primiero
685trasgredito da me.
 ARTABANO
                                     Vinca la forza
 le resistenze tue. Sieguimi. (Va a prenderlo)
 ARBACE
                                                     In pace (Si scosta)
 lasciami, o padre. A troppo gran cimento
 riduci il mio rispetto. Ah, se mi sforzi,
 farò...
 ARTABANO
              Minacci, ingrato?
690Parla, di', che farai?
 ARBACE
                                       Nol so; ma tutto
 farò per non seguirti.
 ARTABANO
                                          E ben vediamo
 chi di noi vincerà. Sieguimi, andiamo. (Lo prende per mano)
 ARBACE
 Custodi, olà.
 ARTABANO
                          T'accheta.
 ARBACE
                                               Olà, custodi,
 rendetemi i miei lacci. Al carcer mio
695guidatemi di nuovo. (Artabano lascia Arbace vedendo i custodi)
 ARTABANO
                                         (Ardo di sdegno).
 ARBACE
 Padre, un addio.
 ARTABANO
                                 Va', non t'ascolto, indegno.
 ARBACE
 
    Mi scacci sdegnato,
 mi sgridi severo;
 pietoso, placato
700vederti non spero,
 se in questi momenti
 non senti pietà.
 
    Che ingiusto rigore!
 Che fiero consiglio!
705Scordarsi l'amore
 d'un misero figlio,
 d'un figlio infelice
 che colpa non ha. (Parte colle guardie)
 
 SCENA III
 
 ARTABANO, poi MEGABISE
 
 ARTABANO
 I tuoi deboli affetti
710vinci, Artabano. Un temerario figlio
 s'abbandoni al suo fato. Ah che nel core
 condannarlo non posso! Io l'amo appunto
 perché non mi somiglia. A un tempo istesso
 e mi sdegno e l'ammiro
715e d'ira e di pietà fremo e sospiro.
 MEGABISE
 Che fai? Che pensi? Irresoluto e lento,
 signor, così ti stai? Non è più tempo
 di meditar ma d'eseguir. Si aduna
 de' satrapi il consiglio; ecco raccolte
720molte vittime insieme. I tuoi rivali
 là troveremo uniti. Uccisi questi,
 piana è per te la via del trono. Arbace
 a liberar si voli.
 ARTABANO
                                Ah, Megabise,
 che sventura è la mia! Ricusa il figlio
725e regno e libertà. De' giorni suoi
 cura non ha; perde sé stesso e noi.
 MEGABISE
 Che dici?
 ARTABANO
                     Invan finora
 con lui contesi.
 MEGABISE
                              A liberarlo a forza
 al carcere corriamo.
 ARTABANO
                                       Il tempo istesso,
730che perderemo in superar la fede
 e il valor de' custodi, agio bastante
 al re darà di preparar difese.
 MEGABISE
 È ver. Dunque Artaserse
 prima si sveni e poi si salvi Arbace.
 ARTABANO
735Ma rimane in ostaggio
 la vita del mio figlio.
 MEGABISE
                                        Ecco il riparo;
 dividiamo i seguaci. Assaliremo
 nell'istesso momento
 tu il carcere, io la reggia.
 ARTABANO
                                               Ah, che divisi
740siamo deboli entrambi!
 MEGABISE
                                              Ad un partito
 convien pure appigliarsi.
 ARTABANO
                                                Il più sicuro
 è 'l non prenderne alcuno. Agio bisogna
 a ricompor le sconcertate fila
 della trama impedita.
 MEGABISE
                                           E se frattanto
745Arbace si condanna?
 ARTABANO
                                         Il caso estremo
 al più pronto rimedio
 risolver ne farà. Basta per ora
 che a simular tu siegua e che de' tuoi
 mi conservi la fede. Io cauto intanto
750a sedurre i custodi
 m'applicherò. Non m'avvisai finora
 d'abbisognarne; e reputai follia
 moltiplicare i rischi
 senza necessità.
 MEGABISE
                                Di me disponi
755come più vuoi.
 ARTABANO
                              Deh non tradirmi, amico.
 MEGABISE
 Io tradirti! Ah signor, che mai dicesti?
 Tanto ingrato mi credi? Io mi rammento
 de' miei bassi principi. Alla tua mano
 deggio quanto possiedo; a' primi gradi
760dal fango popolar tu mi traesti.
 Io tradirti! Ah signor, che mai dicesti?
 ARTABANO
 È poco, o Megabise,
 quanto feci per te. Vedrai s'io t'amo,
 se m'arride il destin. So per Semira
765gli affetti tuoi; non li condanno e penso...
 Eccola. Un mio comando
 l'amor suo t'assicuri e noi congiunga
 con più saldi legami.
 MEGABISE
                                         Oh qual contento!
 
 SCENA IV
 
 SEMIRA e detti
 
 ARTABANO
 Figlia, è questi il tuo sposo.
 SEMIRA
                                                    (Aimè, che sento!)
770E ti par tempo, o padre,
 di stringere imenei, quando il germano...
 ARTABANO
 Non più. Può la tua mano
 molto giovargli.
 SEMIRA
                                Il sagrifizio è grande;
 signor, meglio rifletti. Io son...
 ARTABANO
                                                         Tu sei
775folle, se mi contrasti.
 Ecco il tuo sposo; io così voglio e basti.
 
    Amalo e se al tuo sguardo
 amabile non è,
 la man che te lo diè
780rispetta e taci.
 
    Poi nell'amar men tardo
 forse il tuo cor sarà,
 quando fumar vedrà
 le sacre faci. (Parte)
 
 SCENA V
 
 SEMIRA e MEGABISE
 
 SEMIRA
785Ascolta, o Megabise. Io mi lusingo
 alfin dell'amor tuo. Posso una prova
 sperarne a mio favor?
 MEGABISE
                                           Che non farei,
 cara, per ubbidirti?
 SEMIRA
                                       E pure io temo
 le ripugnanze tue.
 MEGABISE
                                    Questo timore
790dilegui un tuo comando.
 SEMIRA
                                               Ah, se tu m'ami,
 questi imenei disciogli.
 MEGABISE
                                              Io?
 SEMIRA
                                                       Sì, salvarmi
 del genitor così potrai dall'ira.
 MEGABISE
 T'ubbidirei ma parmi
 ch'ora meco scherzar voglia Semira.
 SEMIRA
795Io non parlo da scherzo.
 MEGABISE
                                              Eh non ti credo;
 vuoi così tormentarmi, io me n'avvedo.
 SEMIRA
 Tu mi deridi. Io ti credei finora
 più generoso amante.
 MEGABISE
                                          Ed io più saggia
 finora ti credei.
 SEMIRA
                                D'un'alma grande
800che bella prova è questa!
 MEGABISE
 Che discreta richiesta
 da farsi a un amator!
 SEMIRA
                                         T'apersi un campo
 ove potevi esercitar con lode
 la tua virtù, senz'essermi molesto.
 MEGABISE
805La voglio esercitar ma non in questo.
 SEMIRA
 Dunque invano sperai?
 MEGABISE
                                              Sperasti invano.
 SEMIRA
 Dunque il pianto?
 MEGABISE
                                    Non giova.
 SEMIRA
 Queste preghiere mie?
 MEGABISE
                                             Son sparse a' venti.
 SEMIRA
 E bene, al padre ubbidirò; ma senti;
810non lusingarti mai
 ch'io voglia amarti. Aborrirò costante
 quel funesto legame
 che a te mi stringerà. Sarai, lo giuro,
 oggetto agli occhi miei sempre d'orrore;
815la mano avrai ma non sperare il core.
 MEGABISE
 Non lo chiedo, o Semira. Io mi contento
 di vederti mia sposa. E per vendetta,
 se ti basta d'odiarmi,
 odiami pur, ch'io non saprò lagnarmi.
 
820   Non temer ch'io mai ti dica
 alma infida, ingrato core;
 possederti ancor nemica
 chiamerò felicità.
 
    Io detesto la follia
825d'un incomodo amatore
 che a' pensieri ancor vorria
 limitar la libertà. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 SEMIRA, poi MANDANE
 
 SEMIRA
 Qual serie di sventure un giorno solo
 unisce a' danni miei! Mandane, ah senti!
 MANDANE
830Non m'arrestar, Semira.
 SEMIRA
                                               Ove t'affretti?
 MANDANE
 Vado al real consiglio.
 SEMIRA
                                          Io tua seguace
 sarò, se giova all'infelice Arbace.
 MANDANE
 L'interesse è distinto;
 tu salvo il brami ed io lo voglio estinto.
 SEMIRA
835E un'amante d'Arbace
 parla così?
 MANDANE
                       Parla così, Semira,
 una figlia di Serse.
 SEMIRA
                                     Il mio germano
 o non ha colpa o per tua colpa è reo,
 perché troppo t'amò.
 MANDANE
                                         Questo è il maggiore
840de' falli suoi. Col suo morir degg'io
 giustificar me stessa e vendicarmi
 di quel rossor che soffre
 il mio genio real che a lui donato
 dovea destarlo a generose imprese
845e per mia pena un traditor lo rese.
 SEMIRA
 E non basta a punirlo
 delle leggi il rigor che a lui sovrasta,
 senza gl'impulsi tuoi?
 MANDANE
                                           No che non basta.
 Io temo in Artaserse
850la tenera amistà; temo l'affetto
 ne' satrapi e ne' grandi e temo in lui
 quell'ignoto poter, quell'astro amico
 che in fronte gli risplende,
 che degli animi altrui signor lo rende.
 SEMIRA
855Va', sollecita il colpo,
 accusalo, spietata,
 riducilo a morir; però misura
 prima la tua costanza. Hai da scordarti
 le speranze, gli affetti,
860la data fé, le tenerezze, i primi
 scambievoli sospiri, i primi sguardi
 e l'idea di quel volto
 dove apprese il tuo core
 la prima volta a sospirar d'amore.
 MANDANE
865Ah, barbara Semira!
 Io che ti feci mai? Perché risvegli
 quella al dover ribelle
 colpevole pietà che opprimo in seno
 a forza di virtù? Perché ritorni
870con quest'idea che 'l mio coraggio atterra
 fra' miei pensieri a rinnovar la guerra?
 
    Se d'un amor tiranno
 credei di trionfar,
 lasciami nell'inganno,
875lasciami lusingar
 che più non amo.
 
    Se l'odio è il mio dover,
 barbara, e tu lo sai,
 perché avveder mi fai
880che invan lo bramo? (Parte)
 
 SCENA VII
 
 SEMIRA
 
 SEMIRA
 A qual di tanti mali
 prima oppormi degg'io? Mandane, Arbace,
 Megabise, Artaserse, il genitore,
 tutti son miei nemici. Ognun m'assale
885in alcuna del cor tenera parte;
 mentre ad uno m'oppongo, io resto agli altri
 senza difesa esposta ed il contrasto
 sola di tutti a sostener non basto.
 
    Se del fiume altera l'onda
890tenta uscir dal letto usato,
 corre a questa, a quella sponda
 l'affannato agricoltor.
 
    Ma disperde in su l'arene
 il sudor, le cure e l'arti,
895che se in una ei lo trattiene,
 si fa strada in cento parti
 il torrente vincitor. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
  Gran sala del real consiglio con trono da un lato e sedili dall’altro per li grandi del regno. Tavolino e sedia alla destra del suddetto trono.
 
 ARTASERSE, preceduto da una parte delle guardie e da’ grandi del regno e seguito dal restante delle guardie, poi MEGABISE
 
 ARTASERSE
 Eccomi, o della Persia
 fidi sostegni, del paterno soglio
900le cure a tollerar. Son del mio regno
 sì torbidi i principi e sì funesti
 che l'inesperta mano
 teme di questo avvicinarsi al freno;
 voi che nudrite in seno
905zelo, valore, esperienza e fede,
 dell'affetto in mercede
 che 'l mio gran genitor vi diede in dono,
 siatemi scorta in su le vie del trono.
 MEGABISE
 Mio re, chiedono a gara
910e Mandane e Semira a te l'ingresso.
 ARTASERSE
 Oh dei! Vengano. Io vedo (Parte Megabise)
 qual diversa cagione entrambe affretta.
 
 SCENA IX
 
 MANDANE, SEMIRA, MEGABISE e detto
 
 SEMIRA
 Artaserse, pietà.
 MANDANE
                                 Signor, vendetta.
 D'un reo chiedo la morte.
 SEMIRA
                                                 Ed io la vita
915d'un innocente imploro.
 MANDANE
                                               Il fallo è certo.
 SEMIRA
 Incerto è il traditor.
 MANDANE
                                       Condanna Arbace
 ogni apparenza.
 SEMIRA
                                Assolve
 Arbace ogni ragione.
 MANDANE
                                         Il sangue sparso
 dalle vene del padre
920chiede un castigo.
 SEMIRA
                                    E il conservato sangue
 nelle vene del figlio un premio chiede.
 MANDANE
 Ricordati...
 SEMIRA
                        Rammenta...
 MANDANE
 Che sostegno del trono
 solo è il rigor.
 SEMIRA
                            Che la clemenza è base.
 MANDANE
925D'una misera figlia
 deh t'irriti il dolor.
 SEMIRA
                                     Ti plachi il pianto
 d'un'afflitta germana.
 MANDANE
                                           Ognun che vedi,
 fuor che Semira, il sacrifizio aspetta.
 SEMIRA
 Artaserse, pietà. (S’inginocchiano)
 MANDANE
                                  Signor, vendetta.
 ARTASERSE
930Sorgete, oh dio! Sorgete. Il vostro affanno
 quanto è minor del mio! Teme Semira
 il mio rigor; Mandane
 teme la mia clemenza. E amico e figlio
 Artaserse sospira
935nel timor di Mandane e di Semira.
 Solo d'entrambe io così provo... Ah vieni! (Vedendo Artabano)
 Consolami, Artabano. Hai per Arbace
 difesa alcuna? Ei si discolpa?
 
 SCENA X
 
 ARTABANO e detti
 
 ARTABANO
                                                        È vana
 la tua, la mia pietà. La sua salvezza
940o non cura o dispera.
 ARTASERSE
                                         E vuol ridurmi
 l'ingrato a condannarlo?
 SEMIRA
 Condannarlo? Ah crudel! Dunque vedrassi
 sotto un'infame scure
 di Semira il germano,
945della Persia l'onore,
 l'amico d'Artaserse, il difensore?
 Misero Arbace! Inutile mio pianto!
 Vilipeso dolor!
 ARTASERSE
                              Semira, a torto
 m'accusi di crudel. Che far poss'io,
950se difesa non ha? Tu che faresti?
 Che farebbe Artabano? Olà, custodi,
 Arbace a me si guidi; il padre istesso
 sia giudice del figlio. Egli l'ascolti;
 ei l'assolva se può. Tutta in sua mano
955la mia depongo autorità reale.
 ARTABANO
 Come!
 MANDANE
                E tanto prevale
 l'amicizia al dover? Punir nol vuoi,
 se la pena del reo commetti al padre.
 ARTASERSE
 A un padre io la commetto
960di cui nota è la fé, che un figlio accusa
 ch'io difender vorrei, che di punirlo
 ha più ragion di me.
 MANDANE
                                        Ma sempre è padre.
 ARTASERSE
 Perciò doppia ragione
 ha di punirlo. Io vendicar di Serse
965la morte sol deggio in Arbace. Ei deve
 nel figlio vendicar con più rigore
 e di Serse la morte e 'l suo rossore.
 MANDANE
 Dunque così...
 ARTASERSE
                             Così, se Arbace è il reo,
 la vittima assicuro al re svenato
970ed al mio difensor non sono ingrato.
 ARTABANO
 Ah signor! Qual cimento...
 ARTASERSE
 Degno di tua virtù.
 ARTABANO
                                      Di questa scelta
 che si dirà?
 ARTASERSE
                         Che si può dir? Parlate, (Ai grandi)
 se v'è ragion che a dubitar vi muova.
 MEGABISE
975Il silenzio d'ognun la scelta approva.
 SEMIRA
 Ecco il germano.
 MANDANE
                                 (Aimè!)
 ARTASERSE
                                                   S'ascolti. (Artaserse va in trono e i grandi siedono)
 ARTABANO
                                                                      (Affetti,
 ah tollerate il freno!) (Nell’andare a sedere al tavolino)
 MANDANE
 (Povero cor, non palpitarmi in seno!)
 
 SCENA XI
 
 ARBACE con catene fra alcune guardie e detti
 
 ARBACE
 Tanto in odio alla Persia
980dunque son io che di mia rea fortuna
 l'ingiustizie a mirar tutta s'aduna?
 Mio re...
 ARTASERSE
                   Chiamami amico. Infin ch'io possa
 dubitar del tuo fallo, esser lo voglio;
 e perché sì bel nome
985in un giudice è colpa, ad Artabano
 il giudizio è commesso.
 ARBACE
                                             Al padre!
 ARTASERSE
                                                                 A lui.
 ARBACE
 (Gelo d'orror!)
 ARTABANO
                              Che pensi? Ammiri forse
 la mia costanza?
 ARBACE
                                 Inorridisco, o padre,
 nel mirarti in quel luogo e ripensando
990qual io son, qual tu sei. Come potesti
 farti giudice mio? Come conservi
 così intrepido il volto e non ti senti
 l'anima lacerar?
 ARTABANO
                                 Quai moti interni
 io provi in me tu ricercar non devi
995né quale intelligenza
 abbia col volto il cor. Qualunque io sia,
 lo son per colpa tua. Se a' miei consigli
 tu davi orecchio e seguitar sapevi
 l'orme d'un padre amante, in faccia a questi
1000giudice non sarei, reo non saresti.
 ARTASERSE
 Misero genitor!
 MANDANE
                                Qui non si venne
 i vostri ad ascoltar privati affanni.
 O Arbace si difenda o si condanni.
 ARBACE
 (Quanto rigor!)
 ARTABANO
                                Dunque alle mie richieste
1005risponda il reo. Tu comparisci, Arbace,
 di Serse l'uccisor. Ne sei convinto;
 ecco le prove. Un temerario amore,
 uno sdegno ribelle...
 ARBACE
                                        Il ferro, il sangue,
 il tempo, il luogo, il mio timor, la fuga
1010so che la colpa mia fanno evidente
 e pur vera non è; sono innocente.
 ARTABANO
 Dimostralo, se puoi; placa lo sdegno
 dell'offesa Mandane.
 ARBACE
                                         Ah! Se mi vuoi
 costante nel soffrir, non assalirmi
1015in sì tenera parte. Al nome amato,
 barbaro genitor...
 ARTABANO
                                   Taci; non vedi
 nella tua cieca intolleranza e stolta
 dove sei, con chi parli e chi t'ascolta?
 ARBACE
 Ma, padre...
 ARTABANO
                         (Affetti, ah tollerate il freno!)
 MANDANE
1020(Povero cor, non palpitarmi in seno!)
 ARTABANO
 Chiede pur la tua colpa
 difesa o pentimento.
 ARTASERSE
                                         Ah porgi aita
 alla nostra pietà!
 ARBACE
                                  Mio re, non trovo
 né colpa né difesa
1025né motivo a pentirmi; e se mi chiedi
 mille volte ragion di questo eccesso,
 tornerò mille volte a dir l'istesso.
 ARTABANO
 (Oh amor di figlio!)
 MANDANE
                                       Egli ugualmente è reo,
 o se parla o se tace. Or che si pensa?
1030Il giudice che fa? Questo è quel padre
 che vendicar doveva un doppio oltraggio?
 ARBACE
 Mi vuoi morto, o Mandane?
 MANDANE
                                                     (Alma, coraggio).
 ARTABANO
 Principessa, è il tuo sdegno
 sprone alla mia virtù. Resti alla Persia
1035nel rigor d'Artabano un grand'esempio
 di giustizia e di fé non visto ancora.
 Io condanno il mio figlio; Arbace mora. (Sottoscrive il foglio)
 MANDANE
 (Oh dio!)
 ARTASERSE
                     Sospendi, amico,
 il decreto fatal.
 ARTABANO
                              Segnato è il foglio;
1040ho compito il dover. (S’alza e dà il foglio a Megabise)
 ARTASERSE
                                        Barbaro vanto! (Scende dal trono ed i grandi si levano da sedere)
 SEMIRA
 Padre inumano!
 MANDANE
                                 (Ah mi tradisce il pianto!)
 ARBACE
 Piange Mandane! E pur sentisti alfine
 qualche pietà del mio destin tiranno?
 MANDANE
 Si piange di piacer come d'affanno.
 ARTABANO
1045Di giudice severo
 adempite ho le parti. Ah si permetta
 agli affetti di padre
 uno sfogo, o signor! Figlio, perdona
 alla barbara legge
1050d'un tiranno dover. Soffri, che poco
 ti rimane a soffrir. Non ti spaventi
 l'aspetto della pena; il mal peggiore
 è de' mali il timor.
 ARBACE
                                     Vacilla, o padre,
 la sofferenza mia. Trovarmi esposto
1055in faccia al mondo intero
 in sembianza di reo, veder recise
 sul verdeggiar le mie speranze, estinti
 su l'aurora i miei dì, vedermi in odio
 alla Persia, all'amico, a lei che adoro,
1060saper che 'l padre mio...
 Barbaro padre... (Ah ch'io mi perdo!) Addio. (In atto di partire, poi si ferma)
 ARTABANO
 (Io gelo!)
 MANDANE
                     (Io moro!)
 ARBACE
                                           Oh temerario Arbace!
 Dove trascorri? Ah genitor! Perdona;
 eccomi a' piedi tuoi. Scusa i trasporti
1065d'un insano dolor. Tutto il mio sangue
 si versi pur, non me ne lagno; e invece
 di chiamarla tiranna,
 io bacio quella man che mi condanna.
 ARTABANO
 Basta, sorgi; purtroppo
1070hai ragion di lagnarti;
 ma sappi... (Oh dio!) Prendi un abbraccio e parti.
 ARBACE
 
    Per quel paterno amplesso,
 per questo estremo addio,
 conservami te stesso,
1075placami l'idol mio,
 difendimi il mio re.
 
    Vado a morir beato,
 se della Persia il fato
 tutto si sfoga in me. (Parte fra le guardie seguito da Megabise e partono i grandi)
 
 SCENA XII
 
 MANDANE, ARTASERSE, SEMIRA ed ARTABANO
 
 MANDANE
1080(Ah, che al partir d'Arbace
 io comincio a provar che sia la morte!)
 ARTABANO
 A prezzo del mio sangue ecco, o Mandane,
 soddisfatto il tuo sdegno.
 MANDANE
                                                Ah scellerato!
 Fuggi dagli occhi miei; fuggi la luce
1085delle stelle e del sol; celati, indegno,
 nelle più cupe e cieche
 viscere della terra,
 se pur la terra istessa a un empio padre,
 così d'umanità privo e d'affetto,
1090nelle viscere sue darà ricetto.
 ARTABANO
 Dunque la mia virtù...
 MANDANE
                                           Taci, inumano.
 Di qual virtù ti vanti?
 Ha questa i suoi confini e quando eccede
 cangiata in vizio ogni virtù si vede.
 ARTABANO
1095Ma non sei quell'istessa
 che finor m'irritò?
 MANDANE
                                     Son quella e sono
 degna di lode. E se dovesse Arbace
 giudicarsi di nuovo, io la sua morte
 di nuovo chiederei. Dovea Mandane
1100un padre vendicar; salvare un figlio
 Artabano doveva. A te l'affetto,
 l'odio a me conveniva. Io l'interesse
 d'una tenera amante
 non dovevo ascoltar; ma tu dovevi
1105di giudice il rigor porre in obblio;
 questo era il tuo dover, quello era il mio.
 
    Va' tra le selve ircane,
 barbaro genitore;
 fiera di te peggiore,
1110mostro peggior non v'è.
 
    Quanto di reo produce
 l'Africa al sol vicina,
 l'inospita marina,
 tutto s'aduna in te. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 ARTASERSE, SEMIRA, ARTABANO
 
 ARTASERSE
1115Quanto, amata Semira,
 congiura il ciel del nostro Arbace a danno!
 SEMIRA
 Inumano! Tiranno!
 Così presto ti cangi?
 Prima uccidi l'amico e poi lo piangi?
 ARTASERSE
1120All'arbitrio del padre
 la sua vita commisi
 ed io sono il tiranno ed io l'uccisi?
 SEMIRA
 Questa è la più ingegnosa
 barbara crudeltà. Giudice il padre
1125era servo alla legge. A te sovrano
 la legge era vassalla. Ei non poteva
 esser pietoso e tu dovevi. Eh dimmi
 che godi di veder svenato un figlio
 per man del genitore,
1130che amicizia non hai, non senti amore.
 ARTASERSE
 Parli la Persia e dica
 se ad Arbace son grato,
 se ho pietà del tuo duol, se t'amo ancora.
 SEMIRA
 Ben ti credei finora,
1135lusingata ancor io dal genio antico,
 pietoso amante e generoso amico;
 ma ti scopre un istante
 perfido amico e dispietato amante.
 
    Per quell'affetto
1140che l'incatena,
 l'ira depone
 la tigre armena,
 lascia il leone
 la crudeltà.
 
1145   Tu, delle fiere
 più fiero ancora,
 alle preghiere
 di chi t'adora
 spogli il tuo petto
1150d'ogni pietà. (Parte)
 
 SCENA XIV
 
 ARTASERSE ed ARTABANO
 
 ARTASERSE
 Dell'ingrata Semira
 i rimproveri udisti?
 ARTABANO
                                        Odi gli sdegni
 dell'ingiusta Mandane?
 ARTASERSE
                                              Io son pietoso
 e tiranno mi chiama.
 ARTABANO
                                         Io giusto sono
1155e mi chiama crudel.
 ARTASERSE
                                       Di mia clemenza
 è questo il prezzo?
 ARTABANO
                                     La mercede è questa
 d'un'austera virtù?
 ARTASERSE
                                      Quanto in un giorno,
 quanto perdo, Artabano!
 ARTABANO
                                                Ah non lagnarti!
 Lascia a me le querele. Oggi d'ogni altro
1160più misero son io.
 ARTASERSE
 Grande è il tuo duol ma non è lieve il mio.
 
    Non conosco in tal momento
 se l'amico o il genitore
 sia più degno di pietà.
 
1165   So però per mio tormento
 ch'era scelta in me l'amore,
 ch'era in te necessità. (Parte)
 
 SCENA XV
 
 ARTABANO
 
 ARTABANO
 Son pur solo una volta e dall'affanno
 respiro in libertà. Quasi mi persi
1170nel sentirmi d'Arbace
 giudice nominar. Ma, superato,
 non si pensi al periglio.
 Salvai me stesso, or si difenda il figlio.
 
    Così stupisce e cade
1175pallido e smorto in viso
 al fulmine improvviso
 l'attonito pastor.
 
    Ma quando poi s'avvede
 del vano suo spavento,
1180sorge, respira e riede
 a numerar l'armento
 disperso dal timor.
 
 Fine dell’atto secondo